La periferia urbana rappresenta il luogo – o meglio talvolta, secondo la nota definizione di Marc Augé, un aggregato di non-luoghi – in cui si riscontrano le crepe più importanti del “sistema Stato”. Proprio qui, infatti, confluiscono le fratture macroscopiche che attraversano da ormai più di cinquant’anni il capitalismo, quelle che riguardano le differenze di status, di classe, di genere, di origine. Queste conducono a problematiche di disagio e degrado sociale che producono conflitti e significativi episodi di violenza i quali risultano difficili da arginare anche da parte dell’ordine costituito e dagli interventi pubblici. Fenomeni sfaccettati e complessi che hanno cause, manifestazioni ed attori sociali diversi, ma indubbiamente possono essere riconducibili ad un comune denominatore, ovvero la disattenzione da parte delle politiche sociali verso le condizioni di vita dei cittadini. Non possiamo neppure dimenticare che sovente è il nostro sistema economico, orientato al business e a strategie di marketing pervasive, a generare ulteriori difficoltà, rendendo protagoniste di processi di riconversione le aree oggetto di interesse pubblico e privato da un punto di vista economico e trascurando invece quelle zone che non godano di tali caratteristiche, destinate a diventare sempre più la terra di nessuno, luoghi conflittuali in cui, nell’esercizio del controllo del territorio, prevale la logica del più forte. Del resto è la nostra cultura occidentale ad essere viziata dal pregiudizio secondo il quale il concetto di “centralità” ha connotazione positiva, mentre quello opposto viene associato all’idea di marginalità, di squalifica, di subalternità. Anche la periferia urbana acquisisce in tale prospettiva l’accezione di zona alienata ed alienante, carente sia a livello strutturale che culturale.
Il binomio centro/periferia è al centro di molti dibattiti e ricerche sociologiche, poiché è nelle periferie che albergano i problemi della città: povertà, disoccupazione, ambiente degradato, delinquenza. Sempre citando Augé, alle periferie si rimprovera “di non offrire l’equivalente dei luoghi prodotti da una storia più antica e più lenta, dove gli itinerari dei singoli s’incrociano e si mescolano, dove le parole si scambiano e le solitudini si dimenticano per un istante”, connotandosi così come spazio che moltiplica individualismo e solitudine. Le periferie attuali sono perciò ben distanti, per esempio, da quelle descritte da Pasolini nei suoi romanzi “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, ancora in parte baluardi di una cultura contadina e popolare, percorsa da umanità pervasa di valori autentici. Oggi esiste una periferia nuova, non riducibile unicamente a una situazione spaziale. una periferia che cresce, acquisendo dimensioni macroscopiche, in cui la disuguaglianza sociale si dilata e diviene la chiave di lettura delle trasformazioni complesse che attraversano i sobborghi e che mutano il concetto di urbanizzazione. Il non essersi occupati – da parte delle istituzioni – dei processi di espansione e di inurbamento di nuove cittadinanze, ha condotto all’accentuazione dell’esistenza di una città duale. Oggi questa realtà metropolitana è il palese sintomo di decenni di cattiva politica e di sguardi miopi. Sappiamo che le trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno caratterizzato gli ultimi lustri hanno generato un disorientamento diffuso rispetto al nesso tra politiche urbane (decisioni, strategie, forme di partenariato), strumenti di intervento (progetti, piani, programmi, norme) e luoghi (citta, metropoli, regioni urbane, territori, paesaggi).
La conseguenza è un disagio in crescita, accentuato da un decennio di crisi economica, che ha provocato un ulteriore impoverimento generale. Anche la società è diversa rispetto ad anni fa: oggi manca un orientamento valoriale forte, sia familiare, sia generale. Laddove ciò si combini con una componente ambientale di emarginazione, come quella delle periferie, la miscela diviene esplosiva. Chi abita nell’hinterland si accorge del degrado urbano e della presenza di gruppi giovanili che sembrano disorientati, incapaci di identificare uno scopo nella vita o di individuare una loro collocazione nel mondo. Le periferie pullulano di ragazzi abbandonati a loro stessi, vittime della noia che li espone ad atteggiamenti devianti in zone in cui gli esempi sono già di per sé poco edificanti. Ecco perché diventa essenziale parlare di periferie, affinché tali zone tornino al centro dell’agire politico. Si rendono necessari progetti di inclusione sociale decisi in accordo tra le istituzioni e le realtà educative coinvolte. La scuola ha, senza dubbio, avere un ruolo centrale, anche se in crisi, perché i ragazzi vi trascorrono molte ore al giorno. Con essa dovrebbero interagire gli altri spazi del vivere sociale. I vari centri di attività e aggregazione, i gruppi sportivi, le associazioni devono dar vita a percorsi formativi che portino i ragazzi ad individuare interessi, finalità, a divenire adulti coscienti e responsabili. L’idea alla base delle nuove politiche di intervento, pubblico e privato, dovrebbe essere orientata a superare la prevalente dimensione assistenziale che connota molta parte di queste realtà civiche, per promuovere invece un vero coinvolgimento nella popolazione. Al fine di riqualificare certi quartieri serve vita vera, ricca e pulsante, occorrono funzioni vitali, giovani che lavorino, comunichino e scambino idee ed ideali. La questione concerne perciò non tanto interventi territoriali (pur importanti). Il fine auspicabile sarebbe sempre e comunque quello di formare persone in cui si inneschi il fuoco sacro dell’identità e dell’orgoglio, sganciati dalla rabbia e dal desiderio di essere eversivi verso un mondo iniquo. Individui perciò connessi alla consapevolezza di essere liberi, giudicanti e pensanti. In questo modo gli incubi e l’angoscia del vivere potranno trasformarsi in sogni capaci di rammendare un tessuto cittadino costellato di vuoti, paure e desolazione.
Prof. Michele Miccoli
Direttore Generale dipartimento
delle scienze criminali
Università di Milano
fonte: sociologiaonweb